E’ un pomeriggio pieno di vento e di luce quello che ci accoglie in tante, in tanti nella verde terra che circonda la casa di Agnese. Siamo ad Alfonsine ospiti di Brunella Baioni imprenditrice agricola, Presidente di Donne in Campo di Ravenna.
La sua azienda dal suggestivo nome di Casa del Diavolo è da anni luogo d’incontro ,aula all’aperto per bambini, per grandi che vogliano frequentare una scuola d’agricoltura, di tradizioni di arte del fare del cucinare. Un laboratorio, un esempio concreto e pulsante di cosa può intendersi quando si parla di multifunzionalità dell’agricoltura.
Le mille e una terra, lo slogan che ha accompagnato le diverse iniziative già il 28 aprile e il 1 di maggio, con l’8 di maggio si chiude un ciclo davvero speciale, firmato dall’incontro di differenti culture
Laboratori multietnici, gastronomico- culturali fra giocattoli, musica e fiabe. Ovvero: l’incontro di Donne in Campo di Ravenna, ma anche di Ferrara e di tante altre donne e uomini con la comunità di donne marocchine, che in tante davvero vivono e lavorano con la loro famiglia ad Alfonsine e nei comuni limitrofi.
E’ un incontro morbido e colorato, firmato dal vastissimo numero di dolci che tutte le donne hanno preparato, per esaltare al massimo la comunione che il cibo, come la terra propongono se ascoltati dall’umanità.
Ed è proprio con lo scambio di culture, lasciando parlare cibo e terra, che Brunella aprendo quella che è una festa, una bella lezione di convivenza, si rivolge a quella platea di uomini di donne senza velo, con il velo, coi vestiti lunghi, tradizionali, ricamati e colorati, coi pantaloni, con gonne e minigonne. A quella platea di bambini, tanti che corrono, ballano, tentano di lanciare in cielo i loro aquiloni e poi siedono, attratti per un attimo dai loro piatti colmi di biscotti. A quella platea di uomini che accompagnano, supportano le loro donne siano esse del Marocco, o che siano di Alfonsine, di Ravenna, di Ferrara.
E’ un incontro di famiglie, spesso così uguali nel mondo. Un incontro favorito da un Comune che lavora con fatti e con mezzi all’integrazione delle persone, ritenendola una vera “arma “di civiltà.
E dopo Brunella Paola Ortensi che è lì insieme a Rosanna Contri, a Mirella Brusa, Giancarla, Sofia, Daniela, Emma e tante altre di Donne in Campo a condividere e a godere di un percorso, di un incontro che può essere solo condiviso e moltiplicato.
Paola sottolinea questo nel suo breve saluto ricordando come proprio le donne della terra possano fra di loro testimoniare una cultura di pace, di tolleranza, di rispetto di differenze che sono sempre simbolo di forza. Ed è proprio la terra che può insegnarcelo. Mille le sue sfumature dal color sabbia al marrone quasi nero a seconda delle infinite diverse componenti; più fertile, meno fertile, compatta, argillosa, sabbiosa, morbida, friabile, ma sempre terra. E, poi, dopo la Ortensi, ecco i racconti di feste e tradizioni del Prof Vanni Ghiselli, tradotte da Zahara che a sua volta racconterà di storie feste tradizionali della propria terra il Marocco. E, poi, dolci, biscotti, corse, balli, parole scambiate, che volano per il vento che continua tutto il pomeriggio scuotendo le foglie del grande platano spaparacchiato davanti alla casa dell’Agnese. Un rumore di sottofondo che forse racconta la storia di un luogo scelto tanti anni fa dal Cinema per far vivere la storia di Agnese appunto protagonista di un romanzo ”l’Agnese va a morire “che come ci racconta la sua stessa autrice la Viganò: fu storia vera.
E’ parlando di questa domenica 8 maggio, festa di pace e di convivenza non si può che dedicarla proprio all’Agnese. Una contadina una donna semplice, una partigiana. Agnese per mesi anni, prima di essere uccisa dai Tedeschi diede tutta l’energia, il lavoro, la dedizione per la libertà. E tra una missione e l’altra da staffetta partigiana, anche per lei sempre stanca, sempre al limite della fatica, fu il cibo l’unico benessere che poteva dare, portare, preparare per “quei ragazzi” che considerava un po’ suoi figli.
Erano loro che tra una missione e l’altra gioivano sognando ,al profumo del soffritto, di una stagione dove appunto cibo e terra potessero tornare simbolo di vita e civiltà.
La sera è quasi al termine, ma a Casa del Diavolo l’incontro non è terminato. Nessuno lascia. Di nuovo attorno a un tavolo. Questa volta dentro la casa, in cucina. Ognuno ha preparato e portato qualcosa. Dopo dolci e biscotti per una merenda all’aperto. La cena offre buon pane, salumi, formaggio, insalata di riso, pizze rustiche e salcicce e braciole e ancora fragole e buon vino.
L’allegria continua; gli ospiti di questo 8 maggio lasciano, ma rimangono ancora quelli di sempre quelli di tante altre domeniche e come dice la mamma di Brunella: ora che siamo in pochi possiamo ascoltare una favola romagnola raccontata dalla maestra Edda Lippi. Ed è con una favola che parla della penna dell’uccello grifone, di un padre, tre fratelli, il buono e i cattivi, la cattiveria, e il trionfo della giustizia che finisce un ricco pomeriggio di primavera. Siamo stati bene, chi ha voluto e forse per tutti è stato possibile capire qualcosa in più su come sia impegnativo, ma interessante costruire la convivenza. E’ un piccolo marocchino di circa nove anni a farcelo capire ancor più chiaramente davanti alla griglia. Sente il profumo che si leva da lì dove “sfrigolano” braciole e salsicce. Guarda le braciole e chiede:”è maiale?” “Si” Allora non posso Torna poco dopo e indicando la griglia: ”E’ salsiccia?” “SI!” Allora quella posso!” E’ troppo piccolo per sapere che le salsicce che cucina la sua mamma sono di pollo, e queste di maiale. E’ troppo piccolo per un mondo così complicato dove non ci si deve quasi mai fermare alla forma, perché non spesso rappresenta sostanza.
Fortunatamente il nostro amico vive in un mondo positivo che ci tiene a spiegargli che di ogni salsiccia bisogna chiedere il contenuto.
A presto allora per la prossima tappa di un viaggio che quando, e se, comincia non finisce mai.